Riflessioni sul 25 aprile, Festa della Liberazione

In questa giornata della Festa di Liberazione, 25 aprile 2024, mi pongo una domanda: chi è antifascista? La domanda sembra retorica. Tutti noi viviamo in una Repubblica democratica, basata su una costituzione per definizione antifascista, nata dalla Liberazione dell’Italia dalla dittatura nazifascista. E quindi tutti noi siamo antifascisti, no? L’antifascismo dovrebbe essere il valore trasversale che accomuna tutti, indipendentemente dal proprio posizionamento politico, di sinistra, di centro, di destra. Così come trasversale è stata la costruzione della Repubblica e della sua Costituzione.

Invece il fascismo non l’abbiamo mai lasciato alle spalle. Il nostro Paese non ha mai fatto i conti con il proprio passato, così come per esempio ha fatto la Germania, e ci ritroviamo ancora oggi, nel 2024, a cent’anni dall’omicidio Matteotti, a ottant’anni dalle stragi nazifasciste del 1944 di Sant’Anna di Stazzema, delle Fosse Ardeatine, delle tante altre stragi di innocenti, a discutere di fascismo e antifascismo, ad essere costretti a sentire un ministro della Repubblica affermare che lui non si dice antifascista perché l’antifascismo ha causato violenza e morte! Mancava aggiungesse che invece il fascismo ha fatto cose buone!

Dobbiamo imparare dal passato e dalla Storia. La storia recente d’Italia, quella del ventennio fascista, dallo squadrismo alla dittatura e alla Repubblica di Salò e quella del biennio della Resistenza e della lotta partigiana del 1943-1945.

Fascismo e resistenza sono temi prioritari da affrontare, in questi anni in cui si afferma che il 25 aprile è divisivo, mentre in realtà è la più bella delle feste nazionali italiane, in questi giorni in cui la censura è di sconcertante attualità, con la vicenda di Scurati ma non solo. Tempi in cui sembra quasi di dover giustificare il proprio ideale di giustizia sociale, di contrarietà a ogni tipo di prevaricazione e violenza, di dover discolparsi o scusarsi di essere antifascisti.

La differenza tra fascisti e antifascisti bene la spiega Italo Calvino, allora ventenne, nel suo “Il sentiero dei nidi di ragno”, narrando come i partigiani e gli antifascisti lottarono per liberare, se non sé stessi, almeno i propri figli, “per costruire un’umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi.” Per questo motivo tanti ragazzi e ragazze, uomini e donne, nel 1943 fecero la scelta di lottare per una società giusta e libera, si schierarono, si impegnarono in prima persona e combatterono per liberare l’Italia.

Affrontare questi temi è utile e doveroso, non in maniera faziosa o propagandistica, ma per conoscere meglio il passato e affrontare le sfide del presente e del futuro. C’è un fascismo latente e strisciante, che probabilmente non riporterà dittatura e camicie nere, ma che tenta di ripristinare logiche di sopraffazione e di privilegi, di censura e discriminazione, che non possiamo accettare.

E quindi chiudo con un’altra domanda: chi è partigiano oggi? La risposta è semplice. Tutti noi dobbiamo essere partigiani. Siamo di parte e ne siamo orgogliosi. La nostra parte è quella di chi crede nei valori di giustizia e solidarietà sociale, di libertà di pensiero, di uguaglianza e di rispetto dei diritti civili.

E ad ogni deriva anche vagamente antidemocratica o di stampo fascista dobbiamo resistere. Ora e sempre.

Nadia Rosa